Vilote Furlane
La villotta alla Friulana

La Villotta è una forma polifonica a tre o quattro voci su testi di vario metro, nata nel XV secolo e di origine friulana. La diffusione in altre zone dell’Italia settentrionale diede luogo a forme locali, quali la villotta alla furlana, la villotta alla veneziana e la villotta alla mantovana.
La villotta alla friulana
La villotta alla friulana (o vilote furlane) è una manifestazione di cultura tradizionale, all’inizio tramandata oralmente. In Friuli invece il canto popolare era indicato con i termini “cjançon”, “cjançonete”, “cjantose” e, in Carnia, anche con “danze” e “raganiza” (filastrocca). Questo tipo di canto non era solo in friulano, ma anche in veneto e, nelle zone di confine nord-orientale, anche in tedesco e sloveno.
Cjants e danzis (la villotta friulana)
La villotta è composta da 4 ottonari a rima alternata ed è equivalente ai rispetti ed agli strambotti dell’Italia centro-meridionale. Fu la studiosa e musicologa Ella von Schultz-Adaïewsky ad analizzare il fenomeno Villotta agli inizi dell’Ottocento arrivando alla definizione di una cronologia nell’evoluzione della produzione villottistica da fenomeno di tradizione orale a produzione compositiva d’autore.
Le parole dei canti popolari erano il frutto della fantasia di qualche improvvisatore e, passando di bocca in bocca e di paese in paese, venivano modificate a seconda del gusto personale finché del loro autore originario si perdeva il ricordo. Il contenuto poetico in genere si esauriva nel giro di quattro versi di otto sillabe e talvolta anche di cinque, sette, dieci o addirittura undici sillabe, ma non erano rari i casi di contrasti o catene, in cui due gruppi di cantori alternavano le strofe, cercando di mantenere vivo il canto il più a lungo possibile, perfino inventando le parole sul momento. Accadeva così che quartine diverse fossero abbinate alla stessa melodia e che una stessa quartina venisse cantata con musica e ritmo diversi in diverse zone geografiche del Friuli.
Forse chi delle villotte ne ha scritto in maniera più estatica è stato Pier Paolo Pasolini (1922-1975), che definisce un “cjandit lusôr inocent” (una luce candida e innocente) così ne scrive “Brevità metrica, che del resto si fa profonda nell’intimità dei contenuti, e vasta nella melodia: a esprimere come si canta uno spirito talvolta ciecamente malinconico, malinconico come possono esserlo certi sperduti dossi prealpini, di sera, d’inverno; e talvolta colmo invece di un’allegria accoratamente rozza, sgolata, di cui si empiono piazzette e orti nei vespri odorosi di pino, nelle notti tiepide”.
I soggetti delle Villotte
I soggetti prediletti delle villotte sono secondo una famosa raccolta di Adalgiso Fior, danze, frizzi e ripicchi, dispetti, amore sereno, amore sfortunato, mestizia, la casa, i paesi, il lavoro, la natura, i tempi di guerra, l’emigrazione, la filosofia popolare. Il termine “vilote” apparve, probabilmente per la prima volta, nel 1821 nel periodico “Il strolic furlan”.
Villotte friulane
Le vere e proprie raccolte di villotte furono realizzate a partire dal 1865 quanto ai versi e dal 1892 quanto alla musica. I soggetti prediletti delle villotte sono l’amore, la natura, l’invito sessuale, il sarcasmo, la canzonatura, la rivendicazione, la guerra, l’emigrazione. Nonostante la sua natura armonica e polivocale la villotta tuttavia non nacque “per coro”: si cantava in piccoli gruppi spontanei, molto più spesso a due voci con la parte più grave ad eseguire i gradi fondamentali della scala, prediligendo una vocalità aperta se non stridula nelle voci femminili, e si amava cantare lentamente, “trascinando” le note e con fioriture.
Gruppo Vocale Farra – Suspir da l’anime
Tra gli etnomusicologi e folkloristi che hanno raccolto melos di tradizione orale su versetti ottonari villotistici spiccano i nomi di Valentino Osterman e Stefano Persoglia conosciuto nell’ambiente come Coronato Pargolesi.