Enrico Caruso
Tenore italiano
Enrico Caruso (Napoli, 25 febbraio 1873 – Napoli, 2 agosto 1921) è stato un tenore italiano. E’ il grande tenore per eccellenza, grazie all’inconfondibile suggestione di uno strumento vocale unico. Enrico Caruso nacque a Napoli, nel quartiere di San Carlo all’Arena, in via Santi Giovanni e Paolo 7, il 25 febbraio del 1873 da genitori originari di Piedimonte d’Alife (rinominato, nel 1970, Piedimonte Matese), nell’allora provincia di Terra di Lavoro (confluito poi nella neo-costituita provincia di Caserta nel 1945). Il padre, Marcellino Caruso (1840–1908), era un operaio metalmeccanico, mentre la madre, Anna Baldini (1838–1888), era una donna delle pulizie.
Oltre a cantare nel coro della chiesa, Enrico fece qualche apparizione in spettacoli teatrali. La sua voce nel frattempo si era irrobustita e le piccole rappresentazioni cominciarono a non bastargli più. La sua fortuna iniziò quando il baritono Eduardo Missiano, sentendolo cantare a un funerale nella chiesa di Sant’Anna alle Paludi, una messa di Saverio Mercadante, si entusiasmò a tal punto che lo presentò al maestro Guglielmo Vergine, il quale accettò di dargli lezioni per migliorare la voce, ma pretese da lui il 25% dei suoi compensi con un contratto che sarebbe durato cinque anni.
Enrico Caruso – La Bohème (Che Gelida Manina)
Nel 1894 Caruso venne chiamato alle armi, ma dopo solo un mese e mezzo, grazie alle leggi in vigore a quel tempo e a un maggiore che era amante della musica, venne congedato e inviato a casa per permettergli di continuare a cantare e a studiare. Dopo le lezioni con il maestro Vergine, Caruso si sentiva ormai pronto all’esordio, ma alle prove per la Mignon di Ambroise Thomas non venne accettato. Esordì il 16 novembre 1894 con una parte in L’amico Francesco di Domenico Morelli, percependo 80 lire per quattro rappresentazioni (poi ridotte a due a causa dello scarso afflusso di pubblico e nonostante una buona critica).
Enrico Caruso – Rigoletto (Ella mi fu rapita)
Iniziò a esibirsi nei teatri di Caserta, Napoli e Salerno, e fece la sua prima esibizione all’estero al Cairo, percependo 600 lire per un mese di lavoro. Nel 1897, a Salerno, Caruso conobbe il direttore d’orchestra Vincenzo Lombardi che gli propose di accompagnarlo nella stagione estiva a Livorno. Qui Caruso conobbe il soprano Ada Botti Giachetti, sposata e madre di un bambino. Con lei ebbe una relazione che durò undici anni, da cui nasceranno due figli: Rodolfo (1898–1951) ed Enrico junior (1904–1987).
Nel 1898 Caruso esordì al Teatro Lirico di Milano nel ruolo di Loris in Fedora di Umberto Giordano; seguirono poi tournée in Russia, a Lisbona, Roma, Montecarlo e al Covent Garden di Londra dove interpretò il Rigoletto di Giuseppe Verdi; l’anno dopo si esibì a Buenos Aires. Nel luglio 1899 fu Parpignol nella prima rappresentazione nel Royal Opera House, Covent Garden di Londra di La Bohème di Giacomo Puccini.
Nel novembre 1899 nel Teatro Costanzi di Roma interpretò Osaka nella ripresa di Iris di Pietro Mascagni, Enzo nella ripresa di La Gioconda di Amilcare Ponchielli e con Faust in Mefistofele termina nel mese di dicembre. Nel dicembre 1900 Caruso cantò nuovamente alla Scala, in occasione della ripresa di La Bohème, serata inaugurale della stagione lirica, diretta da Arturo Toscanini e, nel 1901 a Napoli alTeatro San Carlo dietro un compenso di 3.000 lire a recita.
Enrico Caruso – La Donna e mobile
L’11 aprile del 1902 a Milano, Caruso incise dieci dischi con arie d’opera per conto della casa discografica inglese Gramophone & Typewriter Company. Il cantante napoletano fu il primo a cimentarsi con grande successo nella nuova tecnologia, fino ad allora snobbata dagli altri cantanti.
A novembre del 1903 si recò negli Stati Uniti, quando ancora stava con la sua amata Ada; il contratto col Teatro Metropolitan di New York lo ottenne grazie alla mediazione del banchiere Pasquale Simonelli, e il suo debutto avvenne il 23 novembre con il duca di Mantova nella ripresa di Rigoletto. Il pubblico gli chiese di bissare La donna è mobile.
Nel 1909 Caruso incise una serie di ventidue canzoni napoletane che comprendeva anche Core ‘ngrato, scritta da Riccardo Cordiferro e da Salvatore Cardillo e ispirata alle sue vicende sentimentali dopo l’abbandono da parte della Giachetti. Nello stesso anno venne operato a Milano per una laringite ipertrofica, intervento che sul momento non compromise la sua carriera, tanto da consentirgli di continuare le sue tournée per il mondo, senza trascurare recite per beneficenza durante il periodo della guerra.
Enrico Caruso – Core ‘ngrato
Dopo una lunga tournée in Nordamerica, nel 1920, la salute del tenore iniziò a peggiorare. Gli fu diagnosticata una pleurite infetta. Operato il 30 dicembre al polmone sinistro, trascorse la convalescenza in Italia, a Sorrento; qui fu raggiunto dal medico Giuseppe Moscati il quale fu però contattato quando ormai ben poco restava da fare. Trasportato da Sorrento a Napoli, Caruso vi morì il 2 agosto 1921, assistito dalla moglie e da chi gli voleva bene all’età di 48 anni.
Gli ultimi giorni di vita del grande tenore si ispirò, anni dopo, Lucio Dalla; per circostanze fortuite, infatti, il cantautore bolognese si trovò ospite nella stanza dell’albergo di Sorrento dove Caruso aveva soggiornato prima di trasferirsi a Napoli, e dal racconto dei proprietari dell’albergo Dalla trasse lo spunto per comporre una delle sue più celebri canzoni, Caruso.