I canti degli Zolfatari
Canti di lavoro nelle miniere di Zolfo

Ovviamente un po’ tutta la storia della Sicilia è contenuta in canzoni popolari. I canti che vanno ricordati sono i canti di lavoro che venivano intonati dai contadini durante la mietitura, la vendemmia, o dai pescatori durante la mattanza dei tonni, i canti dei carrettieri, nonché quelli degli zolfatari. I canti degli zolfatari sono diffusi principalmente nelle province di Caltanissetta, Agrigento, Enna e Catania. Questi canti hanno una particolarità rispetto alle melodie dei canti dei carrettieri o di quelli di lavoro; infatti l’ultima sillaba di ogni verso viene trascinata, quasi a sottolineare la pesantezza e la sofferenza del lavoro e assume la denominazione dialettale di ’ncasciata.
Nel mestiere di zolfataro vi erano diverse figure. In primis, vi erano i picconieri, che staccavano il minerale dalla roccia; poi vi erano i carusi, bambini (a volte di 7-8 anni), che si caricavano la cesta dello zolfo sulle spalle e la portavano all’esterno, lungo gli angusti corridoi, in continuazione. In superfice vi era il sorvegliante, detto in siciliano capumastri. Questo giocava un ruolo importantissimo sul salario. Egli doveva rendere conto al proprietario della miniera. Dovendo pagare una gabella sulla produzione, quest’ultima incideva sullo stipendio degli operai. Più guadagnava lui, più guadagnavano i minatori. Alla fine gli zolfatari erano sotto le continue pressioni dei capumastri. E questo tutto il giorno, tutti i giorni.
La vita nelle miniere, quindi, a parte le ricchezze che produce, non è mai stata facile, neppure in Sicilia. Alla fine del secolo XIX, le condizioni dei minatori, dunque, erano disumane: si lavorava tutto il giorno (dall’alba al tramonto) e tra gli zolfatari, come abbiamo visto, vi erano anche bambini di età inferiore ai 14 anni. Il salario possiamo immaginarlo di conseguenza.